Bagaglio consegnato in ritardo al viaggiatore: risarcimento forfettario basato sul peso

Possibile, comunque, richieste il ristoro economico per ulteriore danni effettivamente subiti e provati dal viaggiatore

Bagaglio consegnato in ritardo al viaggiatore: risarcimento forfettario basato sul peso

Nel contesto del trasporto aereo internazionale, a fronte del ritardo nella consegna dei bagagli, il risarcimento, previsto dalla Convenzione di Varsavia, è dovuto in misura forfettaria sulla base del peso del bagaglio, indipendentemente dalla prova di specifiche conseguenze dannose. Tale risarcimento forfettario si configura come un danno presunto dal legislatore, distinto dal danno in re ipsa, e non esclude la possibilità di richiedere il risarcimento di ulteriori danni effettivamente subiti e provati dal passeggero. Questi i paletti fissati dai giudici (sentenza numero 2034 del 25 gennaio 2025 della Cassazione), i quali sono stati chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata verso la ‘Aeroflot Russian Airlines’ da un uomo che, al rientro da un volo San Pietroburgo-Palermo, ha ricevuto i suoi bagagli con due giorni di ritardo, istanza mirata ad ottenere un ristoro economico non solo per il ritardo nella consegna dei bagagli ma anche per danni patrimoniali ulteriori, ossia alcune spese affrontate, a suo dire, a causa della ritardata consegna dei bagagli. In primo grado al viaggiatore sono stati riconosciuti 398 euro e 21 centesimi, cifra, questa, ridotta in secondo grado a 391 euro e 28 centesimi, escludendo il ristoro di danni ulteriori, ossia delle spese, ritenute non provate, che il passeggero sostiene di essere stato costretto a sostenere a causa del ritardo nella consegna dei bagagli. Chiara la questione sottoposta ai giudici, se cioè il risarcimento sia giustificato dal ritardo in sé o se invece presupponga delle conseguenze dannose, sicché nel primo caso è sufficiente il ritardo a giustificare il risarcimento mentre nel secondo occorre che il passeggero dimostri di aver subito un danno al patrimonio a cagione del detto ritardo. Per i giudici la prima visione è quella corretta. Alla base dell’idea che il risarcimento vada elargito per il ritardo in sé è frutto di una regola apposita, fissata dalla ‘Convenzione di Varsavia’. Non è negabile che, secondo gli ordinari principi del diritto civile, e della responsabilità civile segnatamente, il risarcimento presuppone non la mera lesione di un interesse protetto, ma presuppone che da quella lesione siano derivate conseguenze dannose risarcibili, anche se non mancano casi, che sono eccezionali e la cui ratio non è dunque estensibile ad altre situazioni, in cui l’ordinamento accorda risarcimento per la mera lesione dell’interesse protetto, e dunque considera il danno, in quei casi, come in re ipsa. D’altro canto, si è pervenuti a risarcire un danno senza che vi fosse un interesse protetto leso, come nel caso del danno meramente patrimoniale. Ciò per dire, che, pur non potendo negarsi che il risarcimento presuppone un danno quale conseguenza della lesione di un interesse, in alcuni settori norme speciali possono prevedere una disciplina derogatoria. Ciò fanno le convenzioni internazionali sul trasporto aereo. Prevedono infatti un regime speciale di ristoro per il passeggero in deroga spesso alle norme civilistiche sul risarcimento: la stessa società russa cita il caso della cancellazione del volo, che è ipotesi in cui viene riconosciuto un ristoro per il fatto stesso della cancellazione e dunque, indipendentemente dalla esistenza di un effettivo pregiudizio. La questione è dunque se in base alla ‘Convenzione di Vienna’ possa affermarsi che un risarcimento debba essere accordato per il semplice ritardo, a prescindere da conseguenze dannose ulteriori, che semmai giustificano un risarcimento diverso ed ulteriore. La norma di riferimento prevede che il vettore è responsabile del danno risultante da un ritardo nel trasporto aereo di viaggiatori, bagagli o merci, e il risarcimento è dovuto nella misura massima di 250 franchi (approssimativamente 20 euro) per chilogrammo. La natura forfettaria di tale risarcimento, misurato sul peso del bagaglio, criterio indifferente rispetto alle conseguenze dannose ulteriori (ossia, si possono verificare perdite maggiori anche per il ritardo di bagagli leggeri), sta a significare che la ‘Convenzione di Varsavia’ considera danno il ritardo di per sé, prevedendo la condanna pecuniaria del vettore inadempiente, ferma restando la possibilità che, se il ritardo ha provocato ulteriori danni (esempio, documenti da produrre in un dato termine, la necessità di comprare vestiti in luogo di quelli non arrivati in tempo), essi vanno ulteriormente risarciti. La condanna pecuniaria prevista dalla ‘Convenzione’ non esclude, ed è questo il punto, che possano risarcirsi danni ulteriori, sicché la somma di denaro che la ‘Convenzione’ prevede non è a ristoro di quei danni ulteriori, ma proprio del ritardo in sé. Il risarcimento forfettario, del resto, non è risarcimento in re ipsa, che è altra cosa: è risarcimento presunto. La legge presume che nel ritardo vi sia un danno, ed esonera dalla prova di esso il viaggiatore, accordando una somma forfettaria. Il danno presunto è cosa diversa dal danno in re ipsa, quest’ultimo consiste nella mera lesione dell’interesse protetto, ed è accordato dunque a prescindere dal fatto che da quella lesione si siano prodotte conseguenze dannose. Il danno presunto consiste invece in una conseguenza dannosa che è dalla legge presuntivamente ricollegata alla lesione dell’interesse del soggetto. Dunque nel primo caso il risarcimento prescinde dalla conseguenza, nel secondo la pretende, ma la presume. Né può sostenersi che la ‘Convenzione’ si limiti a predeterminare l’ammontare massimo della somma da corrispondersi, in quanto assume fondamentale rilievo al riguardo la previsione di un ristoro di ammontare non commisurato all’effettiva perdita subita, bensì presuntivamente dovuta in misura forfettariamente determinata. Il fatto che il sistema forfettario prescinda dall’esatta commisurazione della perdita subita non esclude invero la relativa natura di rimedio. Il sistema dei rimedi è infatti vario, essendo costituito non solo dal risarcimento dell’equivalente pecuniario della perdita, ma anche dall’indennizzo, che ha funzione diversa dal risarcimento e spesso vale proprio a rimediare alla pura lesione. Tirando le somme, ben è configurabile una condanna pecuniaria, come in questa vicenda, non equivalente alla specifica perdita patrimoniale subita.

News più recenti

Mostra di più...